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LUOGHI DI INTERESSE NEI DINTORNI DA VISITARE

SIRACUSA


ITINERARIO ARCHEOLOGICO

Anfiteatro Romano

 

Risalente all'età imperiale (III - IV secolo d.C.) l'anfiteatro romano è uno dei massimi edifici del genere esistente.  
Di forma ellittica, i diametri esterni misurano m. 140 x 119; fu parzialmente scavato nella roccia del Temenite. Le spoliazioni spagnole del XVI secolo hanno completamente distrutto la parte in alzato
Due ingressi immettevano nell'arena (m.70x40); il principale, di Nord, era collegato con un ampio piazzale destinato ad accogliere i cocchi degli spettatori, mentre quello secondario, di Sud, è attualmente in uso per la visita al monumento. Nel giardino che precede sono stati sistemati degli imponenti sarcofagi provenienti dalle necropoli di Siracusa e di Megara Hyblaea.  
L'arena era cinta da un alto podio all'interno del quale vi era un corridoio per l'uscita dei gladiatori e delle belve.
Altri due ambulacri correvano a livelli più alti e delle scale servivano agli spettatori per raggiungere l'ordine del posto. Chiudeva la costruzione un portico.  
Sopra il prospetto del corridoio che cingeva l'arena vi sono ancora i blocchi in marmo dei proprietari dei posti.  
Al centro dell'arena vi è un ampio ambiente rettangolare, collegato da un canale scavato lungo l'asse Sud, entrambi coperti, funzionali alle opere necessarie per l'allestimento e lo svolgimento degli spettacoli.

 

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Ara di Ierone

 

Uno dei monumenti più rappresentativi della ricchezza di Siracusa ancora nel III secolo a. C. è il gigantesco altare, probabilmente dedicata a Zeus Eleuterio, fatto erigere da Ierone II per i sacrifici pubblici. Quella che ci rimane è la parte basamentale, interamente scavata nella roccia (198 x 22,80), mentre l'elevato è stato depredato, come anche gli altri monumenti dell'età classica, dagli Spagnoli nel XVI secolo che utilizzarono i blocchi già squadrati per l'edificazione delle fortificazioni di Ortigia.
All'interno del monumento gli animali da sacrificare (fino a 450!) accedevano per mezzo di due rampe contrapposte, a nord e a sud della costruzione, mentre al suo centro vi era un ulteriore rialzo dove ardevano i fuochi per la combustione sacrificale. Nella rampa di nord, quella più vicina alla ringhiera di viale Paradiso, sono ancora visibili i piedi di uno dei telamoni (quello di destra) che adornavano gli ingressi.
L'ampia piazza antistante era cinta da un grande portico (14 colonne nei lati corti e 64 nei lati lunghi) al centro del quale vi era una grande vasca con un basamento destinato a sostenere, forse, una statua.

 

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Teatro Greco

 

Il Teatro Greco rappresenta il maggiore esempio dell’architettura teatrale dell’occidente greco. Ha la particolarità di essere quasi interamente scavato nella roccia.
Oltre che per le rappresentazioni, così com’era costume per gli antichi greci, il teatro veniva usato per le assemblee popolari.
Dopo essere stato adattato in epoca imperiale ai giochi circensi, il teatro cadde in abbandono. Nel XVI secolo, così come gli altri monumenti classici, fu depredato dalle maestranze spagnole di Carlo V che usarono la buona pietra già tagliata per erigere le fortificazioni di Ortigia. Altri guasti vennero dai mulini che erano stati impiantati nella cavea.
Gli scavi, iniziati alla fine del Settecento e protrattisi per tutto il secolo successivo sono stati completati solo nella metà del Novecento.
Pur nella diversità, anche sostanziale, di opinioni degli studiosi sulla genesi del monumento, è generalmente accettato che la forma attuale risalirebbe all’opera di ristrutturazione degli anni 238 – 215 a.C. sotto il regno di Ierone II. 

 

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Latomia del paradiso

 

La latomia del paradiso, oggi luogo ameno e suggestivo, fu in origine una immensa cava di pietra per lo più coperta e sotterranea. Secondo il racconto degli antichi storici le latomie furono usate anche come luogo di contenzione.
La curiosità maggiore per questo luogo ormai divenuto lussureggiante è dato da una bizzarra grotta artificiale, ottenuta scavando un preesistente acquedotto, lunga m. 65, larga da 5 a 11 metri e alta 23, dai sorprendenti effetti acustici. Il benché minimo sibilo rimbomba all'interno dell'antro sì che viene più volte ripetuto e ingigantito. Questi fenomeni, la somiglianza al condotto uditivo dell'orecchio umano e la stanzetta che si vede in alto a destra nell'ingresso della grotta hanno dato origine alla leggenda che quell'antro fosse stato fatto scavare dal tiranno Dionisio che lì rinchiudeva gli avversari politici e i dissidenti, perché potesse origliare, non visto, tutti i loro discorsi. La grotta veniva genericamente chiamata "Grotta che favella"; il nome che ancor oggi ritiene, Orecchio di Dionisio gli fu dato dal pittore Michelangelo Merisi da Caravaggio che nel 1608 visitò la latomia guidato dall'erudito siracusano Vincenzo Mirabella.
All'interno della latomia, ancora coperta, vi è la Grotta dei Cordari che, per secoli, grazie alla propria lunghezza e alla presenza dell'acqua, ha ospitato l'arte dei fabbricanti di corde, i cordari appunto. La volta è sostenuta ancora da piloni lasciati dai cavatori di pietre, e si vedono enormi blocchi ben squadrati pendere dal soffitto come colossali stalattiti.e sue pareti sono stati scavati ipogei funerari bizantini e dai quali trae il nome di "Via dei Sepolcri".

 

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Chiesa di San Nicolò ai cordari

 

La piccola chiesa che apre la visita al parco archeologico della Neapolis è una costruzione normanna dell' XI secolo, fra le prime ad essere edificata successivamente alla cacciata degli arabi e al ripristino della fede cristiana. La chiesa, che conserva tutto il fascino della severità normanna, è ad unica navata con il portaletto che si apre sul fianco. Nel 1093 vi furono celebrati i funerali di Giordano, figlio di Ruggero d'Altavilla. La chiesa sorge su una grande aula tripartita da pilastri che in periodo serviva da serbatoio per la raccolta delle acque che, attraverso un condotto, venivano fatte defluire nell'Anfiteatro. La costruzione di questa vasca ricoprì un tratto della strada che originariamente conduceva all'interno della Latomia del Paradiso. In età paleocristiana e bizantina l'ambiente ipogeico fu adibito a chiesa, mentre in periodo più recente (secolo XVII) fu anche luogo di sepoltura comunale.

 

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Latomie

 

La pietra da costruzione per tutti gli edifici di Siracusa, sia per i grandi monumenti che l’antichità ci ha tramandato, che per le modeste abitazioni oggi sepolte dagli strati di asfalto, proveniva tutta dalle latomie. Queste erano, con voce greca   le immense cave di pietra – sia superficiali sia, soprattutto, sotterranee – che, da est a ovest hanno cinto la città. È difficile stabilire una esatta datazione delle pietraje (per adoperare un vocabolo in uso nel ‘700) a causa della continuità del loro utilizzo ma è probabile che ciascuna di esse sia nata in funzione dell’erigendo quartiere; da questa riflessione si potrebbe concludere che quelle di Acradina – le latomie dei Cappuccini – siano le più antiche. In ogni caso è certo che già nel VII secolo esse erano in uso; Pausania (V, 8,8) ricorda, infatti, che nelle latomie fu posta la statua di Ligdamide, vincitore ad Olimpia (tra il 648/7 e il 645/4) nel pancrazio (un misto tra corsa, lotta e pugilato).

 

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Porta urbica

 

In via XX Settembre, in uno scavo nella sede stradale vediamo i resti dell’antica porta urbica, fatta erigere da Dionigi il Grande ed inserita nella cinta muraria che, partendo da Ortigia, cingeva completamente tutta la città fino al castello Eurialo, per una lunghezza di circa 30 Km.
Oggi vediamo il basamento di due torri quadrangolari di oltre 8 metri per lato, le quali, probabilmente, davano accesso ad una strada che collegava il tempio di Apollo e quello di Athena.

 

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Tempio di Apollo

 

Superato il quartiere umbertino ci si trova di fronte al grande emiciclo che contiene i ruderi del tempio di Apollo. 
Al visitatore, al forestiero che giungeva in Ortigia, doveva destare non poca impressione la potente costruzione con sei colonne sulla facciata e diciassette sui fianchi… e tutte monolitiche! L’imponenza era accresciuta da altre sei colonne poste dietro quelle della facciata; un pronao immetteva alla cella, divisa in tre navate da due filari di colonne.
Il tempio, risalente ai primi anni del VI secolo a.C.- se non agli ultimi del precedente - , è certamente il più vetusto tempio dorico della Sicilia. Rivela la propria arcaicità nella forma dell’echino - amplissimo -, nella considerevole altezza dell’architrave - ben m. 2,15 -, negli intercolumni strettissimi ed irregolari: questo ha comportato la quasi impossibilità di applicare le ferree leggi dell’euritmia tra i triglifi e gli assi delle colonne. La sua caratteristica principale, da qui anche la sua importanza, è l’essere stato il primo tempio con peristasi – sequenza del crepidoma, colonne ed epistilio – lapidea.

 

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Tempio di Athena - Duomo

 

Il Duomo di Siracusa è nato dal rifacimento di un tempio greco, dedicato ad Athena, del quale ci fa menzione più volte Cicerone.
La sacralità del luogo (è il più alto dell’isola) ci è attestata dai ritrovamenti archeologi relativi al VIII sec. A.C. 
Paolo Orsi, negli scavi d’inizio secolo nell’area di Via Minerva, rinvenne l’ara risalente all’VIII sec. a. C., primo periodo dell’insediamento greco “…centro di un culto antichissimo, forse il più antico prestato dai Greci di Ortygia ad una divinità ancora imprecisata. Là si compievano sacrifici ed attorno all’altare si spargevano gli ex voto dei primi coloni, che il suolo pianamente accoglieva e ricopriva. E questo culto antichissimo venne per vari secoli continuato nel medesimo punto, mantenendo immobile il piccolo altare…”.
Fastosa la facciata barocca del '700. All'interno, molte opere d'arte e grandioso altare del 1659.

 

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Tempio di Zeus

 

Eretto dopo il tempio di Apollo in Ortigia, quello di Zeus Olimpio è il più antico tempio greco della terraferma (primi decenni del VI secolo a. C.). Sorgeva nell'antica borgata detta Polichne, probabilmente sprovvista di mura.
La costruzione in ordine dorico si presentava davvero imponente con sei colonne nel prospetto e diciassette nei fianchi, e tutte monolitiche. La monumentalità dell'impianto era accresciuta da una seconda fila di colonne dietro quelle della facciata. La cella era poi preceduta da un pronao e seguita da un áditon.
E' probabile che l'Olypieion fosse il più importante di Siracusa: la sua casta sacerdotale era la prima della città e in esso erano contenute le liste censitarie dei cittadini; forse in esso si custodiva anche l'erario della città.
Della grande struttura (20,50 X 60) oggi sono superstiti una parte del crepidoma e due colonne del lato sud che, dal '700 in poi, hanno caratterizzato buona parte delle vedute del porto e di Siracusa.
La più antica notizia del tempio risale al 491 a.C. quando Ippocrate da Gela, vinti i Siracusani, impose al sacerdote di non rimuovere i tesori perché nulla sarebbe stato toccato. Medesimo rispetto ebbero gli Ateniesi nel 414 a. C. accampati in quei pressi. Ben diverso comportamento ebbero i Cartaginesi, Dionigi (che sostituì il mantello in oro del dio con uno in lana sostenendo che quest'ultimo avrebbe protetto meglio la divinità dal caldo e dal freddo) e i Romani (rubò il simulacro di Zeus Urios). 

 

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Ginnasio romano

 

Si tratta di un complesso monumentale risalente alla seconda metà del I secolo d.C. che comprende un piccolo teatro, cinto su tre lati da un portico, e un tempio. 
Buona parte del portico è ormai illeggibile mentre rimane visibile, con tutto il fascino del bradisismo che ne ha invaso la scena, la càvea del teatro. Di fronte a quest’ultimo, al centro del portico, vi era un piccolo tempio periptero elevato su alto podio. È probabile che esso sia stato dedicato a culti orientali misterici.

 

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Catacombe

 

I vasti complessi cimiteriali sotterranei, noti sotto il nome di catacombe, testimoniano l’intensa vita spirituale e la consistenza della comunità cristiana della città toccata, nel 61, dalla predicazione dell’Apostolo Paolo.
La prima è la Catacomba di Santa Lucia che si sviluppa per lo più sotto l’omonima piazza. Il nucleo più antico risale agli anni 220 - 230 e si articola su ben tre livelli. È probabile che i primi fedeli abbiano voluto seppellire i propri cari nei pressi della tomba della più celebre martire siracusana, Lucia. L’uso di questo cimitero si protrasse fino alla piena età bizantina (VIII – IX secolo).
Le Catacombe di S. Maria di Gesù e di Vigna Cassia inglobano due nuclei risalenti agli anni 220 – 230 la prima e 250 – 256 la seconda. Sono ubicate nella zona compresa tra via A. Von Platen e viale Teocrito. Fuso nel vasto intreccio dei cunicoli sotterranei, il complesso cimiteriale rimase in uso fino al IV secolo. 
Le ultime catacombe siracusane sono quelle di S. Giovanni che risalgono agli anni 315 – 360 con inumazioni che raggiungono la fine del secolo successivo. La particolarità di questo vasto complesso è l’organicità dell’impianto che si sviluppa intorno ad una galleria principale (decumanus maximus) ottenuto mediante l’ampliamento di un acquedotto greco. Su questo si innestano perpendicolarmente altre gallerie di minori dimensioni nelle quali si aprono le sepolture ad arcosolii.

 

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Castello Eurialo

 

La costruzione del castello Eurialo (dal greco euryelos: chiodo a base larga) si deve al genio militare di Dionigi. Dopo gli eventi bellici che videro Siracusa assediata dagli ateniesi (415 - 413 a.C.) e che mostrarono la debolezza di quel settore difensivo, negli anni compresi tra il 402 e il 397 il tiranno chiuse la città all'interno di una cerchia di mura lunga 27 chilometri che aveva nel castello la propria punta avanzata nell'entroterra. Fu un'impresa che gli storici antichi ci hanno tramandato con il tono dell'ammirazione; in ogni caso abbiamo a che fare con un'opera davvero ciclopica (15.000 mq.) per quei tempi.
Dopo la conquista romana della città (212 a.C.) il grande complesso militare dell'Eurialo fu più volte modificato, fino all'età bizantina quando ne venne ricostruita una parte usando del materiale di spoglio proveniente da altre parti dirute.
Il mastio era preceduto da tre ampi fossati: sono visibili il secondo e il terzo; il primo è interrato ed era all'altezza dell'attuale ingresso biglietteria.
I blocchi ben squadrati che si vedono all'interno del secondo fossato appartengono alle strutture perimetrali.
Dal terzo fossato, che stava ai piedi del mastio, si dipartiva una rete di gallerie e cunicoli. Sempre in questo terzo fossato vi era un rivellino collegato al castello per mezzo di un ponte levatoio.
Il mastio era protetto in epoca greca da uno sperone triangolare (del quale rimangono i resti crollati) sostituito poi da cinque torri che raggiungevano l'altezza di 15 metri; è probabile che sulla loro sommità vi fossero state alloggiate delle catapulte.
Dall'altopiano è possibile ancora vedere il tratto nord delle mura dove si apriva una porta ad invito (opera a tenaglia).

 

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